Capitolo I – Il ritorno a casa
Erano le 13.00 del 21.06.2012, stavo scendendo a fatica dalla Rocca di Arona. Ero completamente privo di forze e barcollavo come un ubriaco. Fortunatamente a quell’ora il posto era pressoché deserto ad eccezione di un bambino che giocava a palla con sua nonna, e che mi chiese se volevo giocare con lui. Avrei tanto voluto svagarmi un po’, ma rammentai che i miei familiari mi stavano aspettando a casa. Ero appena tornato dal mio ultimo viaggio spazio-temporale ed ero ancora disorientato. Fui tuttavia, contento che il telecomando dell’autovettura che avevo in tasca funzionasse ancora. Aprii lo sportello della macchina e, nascosto in un apposito scomparto, trovai il mio cellulare. Provai a digitare alcune combinazioni alfanumeriche a me note e riuscii ad accenderlo al terzo tentativo, con mia grande soddisfazione: la memoria mi stava tornando. La mia felicità si tramutò presto in preoccupazione quando ricordai il motivo per cui mi trovavo in quel posto e soprattutto rammentai che i Cavalieri neri mi stavano cercando dappertutto. Spensi nuovamente il telefonino, sperando che non mi avessero già individuato con uno di quei marchingegni tecnologici che permettevano di tenere sotto controllo ogni abitante del pianeta che facesse uso di tecnologia avanzata.
Abitavo a Vimercate, nella provincia di Monza e Brianza. Una cittadina modello, poca delinquenza, persone rispettabili, molto devote, forse ispirate dalle antiche tradizioni religiose di quella terra che aveva dato i natali al movimento religioso dei catari, successivamente sostituito in zona, dopo le persecuzioni della Chiesa, dalla comunità cristiana degli umiliati. Indipendentemente dalle differenze di credo, entrambe le comunità erano particolarmente pervase dallo spirito religioso e dotate di un forte senso civico e di solidarietà sociale, che nei secoli si erano trasmessi inalterati agli attuali cittadini. Non a caso la domenica, le chiese locali erano piene di fedeli, anche quelle di periferia. In una località chiamata Oreno, inoltre, esisteva un convento di francescani sempre molto gremito, forse perché in quel luogo si respirava una particolare religiosità, come sembrava indicare la stessa radice del nome della località (N.d.R. il nome Oreno, potrebbe derivare dal latino orare, traducibile come “posto di preghiera”), o forse perché in quella sede aveva a lungo operato Padre Tito, un sant’uomo che si dice avesse molti carismi e che molto aveva aiutato gli abitanti di quel posto.
Quando giunsi a casa erano già le 14,30. Suonai il campanello e venni accolto dall’abbraccio di mia figlia e dall’ovvio rimprovero di mia moglie, per l’ingiustificato ritardo, dato che, da almeno un’ora, era pronto il pranzo preparato in mio onore ovvero: antipasto di gamberetti e avocado, con contorno di sedano e carote, il tutto ricoperto da una maionese fatta in casa; farfalle panna e salmone degnamente decorate da uova di storione; branzino al cartoccio, insalata di stagione e, per finire, un gustoso tiramisù sormontato da una candelina accesa che mi rammentava inesorabilmente il mio mezzo secolo di vita. Quanto ai vini, per festeggiare l’evento brindammo con un ottimo “Prosecco Zonin”. La cena fu accompagnata da un eccellente “Muller Thurgau Santa Margherita”, mia figlia non beveva vino, ma per non essere da meno in fatto di bollicine, pasteggiò a base di “Chinò”, una bibita a base di chinotto. Alla fine però anche mia figlia si decise a farci compagnia e degustò insieme a noi un goccetto di vin santo toscano, che ben si associava al dolce fatto in casa.